lunedì 28 dicembre 2020

Incompiuto - Unfinished (ITA-ENG)


 

Incompiuto.

 

Quando scende la neve e fuori c’è solo la luce debole del crepuscolo, io penso sempre alle cose incompiute.

La neve copre tutto: le macchie di olio sull’asfalto, lo sporco lasciato a terra dagli esseri disumani, i ciottoli ben disposti nei vialetti, le buche scavate a metà dei lavori in corso e l’erba ingiallita di dicembre. 

E allora ricordo tutte quelle cose cosparse da finti sorrisi, stupide scuse e mancanza di coraggio, che sono state lasciate sospese, coperte da tanti strati e congelate per anni, immobili e perfettamente conservate nel loro stato di rinuncia ed abbandono. 

Non solo cose, soprattutto parole, intenzioni, idee, sentimenti, amicizie ed amore. 

Immagini candide, meravigliosamente bloccate nel tempo, istantanee di attimi che non torneranno più, simboli brucianti delle mie incapacità, rimorsi che crepano il cuore e tagliano il respiro.

Ho intera biblioteca di “incompiuti”, di tutto quello che poteva essere e non è mai stato, spesso per mia volontà, altre volte per via di eventi incontrollabili, tempi sbagliati, diacronie ed imprevidenza.

Così, quando cade la neve non posso fare a meno che pensare al mio personale giardino d’inverno, dove custodisco questa raccolta di nature morte e vago sospirando in cerca di conforto. 

Forse per questo non amo l’inverno, forse per questo vorrei vivere in un’eterna primavera delle seconde occasioni, forse per questo non sopporto il gelo esterno e forse per questo sono sempre alla ricerca del fuoco e del suo soffio vitale.


Sotto la coltre bianca, qualcosa troverà eterno riposo, ma qualcos’altro, con grande forza e determinazione, saprà rifiorire in primavera e allora tornerà anche il senso di compiutezza e la voglia di riprovarci. 


sabato 26 dicembre 2020

Leggere, un viaggio nella fantasia - ENG (right after Italian) To read, a fantastic journey

Quando ero bambina riuscivo a leggere fino ad un libro a settimana e lo facevo davvero più che volentieri; quell’attività, per me, non era un’imposizione né un obbligo, poiché non c'era niente di più stimolante e creativo del poter fare volare la mia fantasia in mondi e tempi lontani.

I libri erano la mia panic room, il mio rifugio, la mia macchina del tempo e il mio portale per il teletrasporto, con essi io potevo isolandomi completamente da tutto quello che mi accadeva attorno e sentirmi al sicuro allo stesso tempo.

Leggere era un piacere, una necessità così impellente che quando stavo per finire un libro, dovevo già averne un altro pronto da poter iniziare. A quei tempi le biblioteche erano sempre ben fornite e senza pubblicità in TV o post sui social, l'unica cosa possibile da fare era buttarsi nel racconto senza esitazione, scoprendo un po' alla volta se quella scelta era stata ben guidata dall'istinto e dalla curiosità. 

Mi ricordo ancora quando, immersa nell'odore dolce e legnoso dei libri usati, passavo il mio ditino indice tra una copertina e l'altra, valutando lo spessore della costa e cercando tra i titoli qualcosa che potesse davvero attirare la mia attenzione ed appagare la mia fame di informazioni sull’argomento principe che mi affascinava in quel preciso momento.  

C'è stato il periodo egizio, quello medioevale, quello delle storie fantastiche, quello dei grandi viaggi, quello dell'Oriente e poi, più avanti, quello delle storie d'amore adolescenziali. 

Ed è stato così che, quando non potevo leggere per questo o quell'altro motivo, ho iniziato a mescolare tutti quei mondi e quei tempi al fine di inventare le mie storie. Una volta capita la logica di un racconto, la sua struttura, il suo scopo ed il suo messaggio, l'unico limite era la fantasia e quella grazie al cielo quella davvero non mi è mai mancata! 

Certamente era un processo complesso che richiedeva tutta una serie di azioni, come prendere, analizzare, comprendere, scorporare e ricomporre ciò che avevo letto in qualcosa di nuovo e personale, trasformando le mie idee in una sorta di patchwork letterario. 


A tappare i buchi, a riempire i vuoti, ad aprire le porte e a segnare i sentieri ci pensavano infine le parole, le mie magiche fatine che ancora oggi mi accompagnano in mondi dove i grandi a volte non vogliono più andare, se non quando aprono i libri e chiudono fuori il resto.   




ENG 

When I was a child I could read up to a book a week and I really did it more than willingly; that activity, for me, was not an imposition or an obligation, since there was nothing more stimulating and creative than being able to let my imagination fly into distant worlds and times.

The books were my panic room, my refuge, my time machine, and my teleportation portal, with them I could completely isolate myself from everything that was happening around me and feel safe at the same time.


Reading was a pleasure, such an urgent necessity that when I was about to finish a book, I had to have another one ready to start. In those days, libraries were always well-stocked and without advertising on TV or posts on social media, the only possible thing to do was to throw yourself into the story without hesitation, discovering little by little if that choice was well guided by instinct and from curiosity.

I still remember when immersed in the sweet and woody smell of used books, I passed my index finger between one cover and another, evaluating the thickness of the coast and looking for something among the titles that could really catch my attention and satisfy my hunger for information on the main subject that fascinated me at that precise moment.

There was the Egyptian period, the medieval one, that of fantastic stories, that of great travels, that of the East, and then, later, that of adolescent love stories.


And that was how, when I couldn't read for this or that reason, I started mixing all those worlds and times in order to make up my own stories. Once you understand the logic of a story, its structure, its purpose, and its message, the only limit was the imagination, and thank goodness that I have never really lacked!

It was certainly a complex process that required a whole series of actions, such as taking, analyzing, understanding, breaking apart and reassembling what I had read into something new and personal, turning my ideas into a sort of literary patchwork.


To plug the holes, to fill the gaps, to open the doors, and to mark the paths were finally the words, my magical fairies who still accompany me in worlds where the grown-ups sometimes no longer want to go, if not when they open books and shut out the rest.

Tao Te Ching verso 16 - verse 16 - ITA and ENG

  "Ritornare alle radici significa trovare la pace. Trovare la pace significa onorare il proprio destino. Onorare il proprio destino è ...