mercoledì 24 marzo 2021

Let me write - Lascia che io ti scriva

 


From the moment I learned to write and understand the meaning of the sentences that I saw slipping from my mind to the paper, I realized that this would be my preferred means of communication.
I soon had confirmation that in no other way would I be able to express my thoughts with such courage and consistency and so I never stopped relying on the power of the pen.
In fact, I almost immediately realized that writing would help me overcome my shyness and the confusion that often hovered in my mind. When I was speaking my head seemed to jump like a cricket-mad between one thought and another, letting itself be overwhelmed by any criticism or doubt, instead of my written voice never betrayed me, always carrying out every concept with care and decision.
For a very long time, I have relied almost exclusively on letters, exchanging notes under the desk, long papers, stories, and later on even more immediate systems such as e-mails and chats.
 
The writing was not only one of the many means of communication at my disposal but over time it has become above all a way to give meaning to things, even to the apparently more banal ones.
And if putting words and ideas on paper is a duty for some, for me it has become a necessity that I can no longer control, a whirlwind of energy that swirls from the belly to the hands, sometimes without even going through my head, carrying me to assertions so strong and profound that they often create great embarrassment when rereading.
The truth is that my voice would never have been able to say certain things, just as my heart would not have endured a confrontation as easily and I fear that without the writing I would still be imprisoned in toxic situations.
Yet, not even fear and uncertainty can stop the movement that escapes from the throat to channel itself into the hand and give life to a mixture of letters, spaces, and points that know how to heal and hurt more than anything else.
And still today I always pray that I can transfer every communication into writing, relying on the only weapon I feel I can wield to protect my ideas.
Even in my book, I have tried to hide thoughts, sometimes extreme or rather too intimate, in the emotional canvases of its characters, letting them cry out the words that I still don't know how to pronounce.

ITA 

Dal momento in cui ho imparato a scrivere e capire il senso delle frasi che vedevo scivolare dalla mia mente al foglio, mi sono resa conto che quello sarebbe stato il mio mezzo di comunicazione preferenziale.

Ben presto ho avuto conferma che in nessun altro modo sarei stata in grado di esprimere i miei pensieri con tanto coraggio e coerenza e così non ho mai smesso di affidarmi alla forza della penna.

Infatti, ho quasi subito realizzato che scrivere mi avrebbe aiutata a sopperire alla mia timidezza e alla confusione che spesso aleggiava nella mia mente. Se parlando la mia testa pareva saltellare come un grillo impazzito tra un pensiero e l'altro, lasciandosi sopraffare da ogni critica o dubbio, la mia voce scritta non mi tradiva mai, portando sempre a termine ogni concetto con cura e decisione.  

Per lunghissimo tempo mi sono affidata quasi esclusivamente alle lettere, agli scambi di bigliettini sottobanco, ai temi lunghi pagine e pagine, ai racconti e più avanti anche a sistemi più immediati come le e-mail e le chat. 

 

Lo scrivere non era solo uno dei tanti mezzi di comunicazione a mia disposizione, ma con il tempo è diventato soprattutto un modo per dare senso alle cose, anche a quelle apparentemente più banali.

E se mettere nero su bianco parole ed idee per alcuni è un dovere, per me è diventata necessità che non posso più controllare, un turbinio di energia che si muove vorticosamente dalla pancia fino alle mani, a volte senza nemmeno passare per la testa, portandomi ad asserzioni così forti e profonde che spesso mi creano grande imbarazzo durante la rilettura. 

La verità è che la mia voce non sarebbe mai stata in grado di dire certe cose, così come il mio cuore non avrebbe sopportato uno scontro diretto altrettanto facilmente e temo che senza la scrittura sarei ancora imprigionata in situazioni tossiche. 

Eppure, nemmeno la paura e l'incertezza possono fermare il movimento che scappa dalla gola per incanalarsi nella mano e dare vita ad una mescolanza di lettere, spazi e punti che sanno guarire e ferire più di ogni altra cosa.

E ancora oggi prego sempre di poter trasferire ogni comunicazione in scrittura, affidandomi all'unica arma che sento di poter brandire per proteggere le mie idee. 

Anche nel mio libro ho tentato di nascondere pensieri, a volte estremi o per meglio dire troppo intimi, nelle tele emotive dei suoi personaggi, lasciando che fossero loro a gridare le parole che non so ancora come pronunciare.


domenica 21 marzo 2021

La ragazza e le montagne - The girl and the Mountains

 ITA e ENG



🇮🇹🇬🇧
Ho sempre avuto un legame molto particolare con la montagna, un rapporto di odio e amore che negli anni è cambiato, si è sviluppato ed è cresciuto.
Forse proprio per questo, nel mio libro ho sentito il bisogno di sviscerare ed analizzare il tema della montagna, sia che questa si presenti come un rilievo, come un vulcano o come un'isola.
Penserete che essendo nata e cresciuta in Trentino, per me dovrebbe essere abbastanza facile parlare di queste massicce alture che mi osservano dall'alto della loro magnifica potenza praticamente ogni giorno da più di trent'anni, eppure non è così.
Ho sempre sofferto la mancanza della visione di lunghi tramonti, di infiniti orizzonti e di spazi di ampio respiro: la montagna per me ha sempre rappresentato una muraglia che impediva alle cose di entrare ed uscire, ma che allo stesso tempo mi offriva protezione e un nascondiglio sicuro.
E così ho iniziato a sviluppare un'insana ossessione per la salita, arrampicandomi passo dopo passo, quasi senza fatica, fino alla cima più alta, per poter finalmente guardare il territorio rimpicciolirsi sotto i miei occhi.
La città, il comune, la provincia visti dalla sommità erano il mio regno, qualcosa di controllabile e osservabile nel suo insieme, ridimensionando così ogni paura o preoccupazione.
Con il tempo fortunatamente ho imparato a godermi il viaggio e ad assaporare ogni momento del cammino, immergendomi nella natura e nei suoi misteriosi giochi di luci ed ombre, nei messaggi scolpiti sui sassi e nei sussurri delle foglie.
Fino a quando, nel mezzo della pandemia, ho finalmente realizzato che la montagna non era mai stata una muraglia, ma era sempre stata un trono.
🇬🇧
I have always had a very special bond with the mountains, a relationship of hate and love that has changed, developed, and grown over the years.
Perhaps for this very reason, in my book, I felt the need to dissect and analyze the theme of the mountain, whether it presents itself as an elevation, as a volcano, or as an island.
You will think that having been born and raised in Trentino, it should be easy enough for me to talk about these massive hills that have been watching me from their magnificent power practically every day for more than thirty years, yet it is not like that.
I have always suffered from the lack of seeing long sunsets, infinite horizons, and wide-ranging spaces: the mountain for me has always represented a wall that prevented things from entering and exiting, but at the same time offering me protection and a safe hiding place.
And so I began to develop an insane obsession with climbing, going up step by step, almost effortlessly, to the highest peak, to finally be able to watch the territory shrink before my eyes.
The city, the municipality, the province seen from the top looked like my kingdom, something controllable and observable as a whole, thus reducing any fear or concern.
Over time, fortunately, I learned to enjoy the journey and savor every moment of the climb, immersing myself in nature and its mysterious play of light and shadow, in the messages carved on the stones and in the whispers of the leaves.
Until, in the midst of the pandemic, I finally realized that the mountain was never a wall, it had always been a throne

lunedì 8 marzo 2021

Festa della donna 2021 - Rompere gli schemi e uscire dalle righe



Ho sempre odiato le categorizzazioni a tenuta stagna, i canali espressivi senza deviazioni e tutte quelle strade comunicative tracciate senza possibilità di attraversamento. 
Femminile, maschile, rosa, azzurro, puoi, non puoi, capacità, incapacità, dentro, fuori, emotivo, razionale... 
Ricordo che quando ero piccola, il mondo mi pareva estremamente suddiviso e diviso, forzatamente eterogeneo, una scacchiera in bianco e nero, precisa e quadrata, senza possibilità di sfumature o sbavature. Eppure, nella mia ingenuità, ho pensato che crescendo avrei trovato qualcosa di diverso, una culla di cultura e comprensione, dove avrei potuto esprimere i miei talenti al di là delle classificazioni e delle differenziazioni, ma non è stato così. 

Ricordo che avevo 21 anni quando partecipai alla mia vera prima riunione e quando sentii per la prima volta dire in ambito lavorativo: “voi donne siete troppo sensibili, vi affidate sempre al vostro cuore nelle scelte e nelle decisioni e questo vi porta sempre a sbagliare”. Non penso che usare il cuore di per sé sia una cosa orribile, ma che in quel contesto e con quel contorno suonava come una minaccia e una condanna totale all'incapacità di saper prendere decisioni giuste ed eque in quanto donna. 
Con gli anni le cose non sono certo migliorate, anzi, potrei scrivere un saggio sulle volte che ho sentito frasi partire con "voi donne…", seguite poi da qualche cliché retrogrado e senza senso. 
Per anni ho sofferto per via del fatto che il mio destino pareva già deciso da tempo: il mio sesso implicava una serie di difficoltà e ingiustizie che mai avrei immaginato di dover sopportare e combattere. 

Quante volte mi sono ritrovata a sminuire me stessa per mettere a tacere quei giudizi impietosi e le allusioni poco professionali? E quante volte per evitare conflitti con persone ignoranti, ho lasciato che mi mettessero in quelle scatole che tanto odiavo, offrendo loro persino il lucchetto? 

Grazie al taoismo (che non è una religione), sto imparando tantissime cose, soprattutto l'importanza di non affidarsi a categorizzazioni, poiché tutto è relativo e mutevole. In questa visione della realtà, le divisioni non sono fisse e una cosa si esprime in una o nell'altra classe solo quando messa in comparazione con qualcos'altro: yin yang, infatti, esprimono più un rapporto, che una comparazione. 
Così potremmo dire che una donna è più yin di un uomo, ma che un uomo anziano è più yin di una donna giovane. Ovvero, fino a quando non si cerca un confronto, non esiste divisione, né categorizzazione. 

Questo principio, insieme a quello dell'accettazione del cambiamento e della fluidità della vita, mi ha dato un po' di pace e di coraggio. Purtroppo, siamo lontani da quel tipo di mondo che sognavo da bambina, ma ci siamo più vicini di quanto non lo fossimo anni fa. 

La relatività non è un modo semplicistico per sfuggire alle sfide, è un'apertura al cambiamento e al saper vivere senza paura e resistenza ad esso, rispettando tutti senza cercare necessariamente la distinzione assoluta e spesso limitante per sentirsi più forte dei suoi simili. 

Tao Te Ching verso 16 - verse 16 - ITA and ENG

  "Ritornare alle radici significa trovare la pace. Trovare la pace significa onorare il proprio destino. Onorare il proprio destino è ...