A volte, quando scrivo, poggio le mie dita sulla tastiera del computer, come se fosse quella del pianoforte.
Purtroppo non ho mai imparato a suonare, ma la musica è una mia grande passione e vedere le persone che suonano mi incanta il cuore.
Così, presa da una frenesia inspiegabile, spesso metto mani sui tasti del computer e inizio la danza delle dita: le allungo, le poso e le ritraggo.
I bottoni alfanumerici allora assumono dei suoni ritmici e le parole, come brevi battute, escono una dopo l'altra; la sinfonia racchiusa nella mia mente solo allora prende vita risuonando nel vuoto della stanza.
Tic, tic tic, tic tic tic e ancora, un battito dopo l'altro, mentre l'indice trema in attesa di capire dove posarsi e il pollice batte senza sosta sugli spazi per darmi il tempo per pensare.
Ho sempre profondamente invidiato i compositori (ovviamente in senso buono), quanto vorrei sentire anch'io che suono hanno le mie emozioni, o la melodia che potrebbe accompagnare queste parole confuse, o il ritmo che sarebbe in grado di far sussultare la punteggiatura incerta.
La verità è che sono immensamente grata ai compositori.
Loro mi ispirano e mi permettono di scrivere di più, di scrivere meglio, di lasciar fluire le parole forti o piano in base alle loro melodie perfettamente composte, le quali magicamente riescono persino a contenere le mie sbavature.
Per tutta la vita ho collezionato colonne sonore, brani senza parole, perché le parole le potessi mettere io. Da Vangelis a Yanni, da Thomas Bergensen a Max Richter, e ancora Paolo Buonvicino e tutti coloro che seguono la maestria di questa arte.
A tutti voi rivolgo un caldo ringraziamento, perché seppur senza conoscermi, la vostra musica sembra essere stata composta appositamente per me e per riuscire a farmi scrivere le cose che altrimenti non avrei mai saputo dire.
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