domenica 22 febbraio 2015

La forza del gioco di squadra

Non ho mai creduto nel gioco di squadra, che si trattasse di vita o di lavoro. Ho sempre pensato che valesse sempre e comunque la legge del chi fa da sé fa per tre e che nessuno volesse fare i miei interessi, poiché non avrebbe tratto alcun beneficio nel sostenermi. Questo è appunto quello che ho sempre creduto, ma visto che solo gli stolti non cambiano idea, ho ritrovato fiducia nell'umanità, soprattutto ho capito che l'individualismo sfrenato si può superare, anche nei luoghi più inaspettati.

Nell'ultimo anno ho cambiato più volte posto di lavoro, e per quanto alcune di queste esperienze possano essere state brevi, ho capito cosa volesse dire giocare di squadra. I miei colleghi e colleghe sono stati degli amici, dei complici e mi hanno sostenuta anche quando io sono arrivata come l'uragano rivoluzionario che sono, sempre in cerca di miglioramento, cambiamento e sconvolgimento.

Quando ero a scuola ho sempre odiato i lavori di gruppo: ero sempre quella che lavorava di più e doveva lottare perché gli altri le stessero al passo; con la mia innata presunzione di dover essere sempre la migliore in tutto, non potevo concepire l'idea di lasciare spazio agli altri e lasciarli esprimere o cambiare le mie visioni. La maggior parte delle volte avevo oggettivamente ragione, ma non per questo era giusto spazientirsi o chiudersi sempre e comunque nella bolla dell'individualismo e della presunzione. La cooperazione per me significava essere l'eroe che salvava gli altri in difficoltà con i suoi mezzi e le sue condizioni, e difficilmente ho condiviso qualcosa se sospettavo che altri avrebbero cercato di cambiarla.

Non pensavo che il lavoro sarebbe stato diverso, in molte occasioni effettivamente non lo è stato, ma ultimamente, forse perché sono cambiata io, ho  scoperto il gioco di squadra. Quello che per me era solo leggenda, una voce da manuale che poteva servire per il curriculum, era divenuta una realtà tangibile e mi ritrovavo a condividere, discutere ed ascoltare. Mi domando ancora se non sia solo io a vedere la realtà in modi nuovi ed avere assorbito i concetti new age che parlano di realtà relativa, dove i nostri pensieri costituiscono la realtà che percepiamo e crediamo appunto "reale"; se non sia io ad illudermi che i piccoli gesti ed il coordinamento tra più persone costituiscano il gioco di squadra, il senso di comunità e di visione globale della problematica da risolvere. Mi chiedo se tutte le volte che ho creduto di sapere chi avessi davanti ed ho sbagliato, non fossero state altro se non lezioni da imparare ed abbia sopravvalutato le mie percezioni recenti. La mia fiducia non la ha conquistata ancora nessuno, non dopo tutto quello che ho passato nella mia vita, ma voglio credere che esista il potenziale perché le cose cambino. Credo che esistano delle persone di buon cuore, persone generose anche lavorativamente parlando, pronte a condividere risposte e conoscenze che hanno sudato per anni; credo che il gioco di squadra esista e che a volte basti uno sguardo per comprendere gli stati d'animo, i pensieri e le esigenze altrui.

I colleghi sono infondo la ciurma di una nave, dove non ha importanza se il capitano sia bravo o meno, la cosa importante è che comunque vada ci sarà una squadra che potrà sempre salvare la nave con un ammutinamento se necessario, che riporterà tutti in porti sicuri, che sarà pronta a ripescarti quando cadrai in mare perché la tempesta sarà troppo forte e non avrai le forze per rimanere aggrappato alla cima. Mi sono sempre imbarcata contando solo sulle mie forze e lo farò ancora, ma posso sorridere guardando l'orizzonte fiduciosa che scenderò dalla nave con la forza di tutta la ciurma ad accompagnarmi nel mio prossimo viaggio.

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