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domenica 16 maggio 2021

Coltivare le passioni, un racconto breve - Cultivating passions, a short story ITA and ENG



Un giorno, stanca di vedere i miei sogni seccarsi come semi vecchi in un cassetto, presi la mia zappa, i miei stivali di gomma, una manciata dei miei desideri e mi misi alla ricerca di un terreno dove poter dare spazio alle mie fantasie.

Rimasi stupidamente stupita nel vedere che gran parte della mia immaginazione si era inaridita sotto il cocente sole della disillusione e dell'immobilità creativa, mentre l’altra era quasi completamente stagnante, bagnata, affogata in valli di lacrime nutrite da paure più o meno realistiche e dalla mancanza di fiducia in me stessa e nel mio estro. 

Vagai con i miei semi chiusi nel pugno serrato e la zappa che mi trascinavo dietro a fatica per giorni, mesi, anni... fino a quando un giorno non incontrai un piccolo cancello.

Sull'inferriata vi era affisso un piccolo cartello realizzato su una placca di ottone e decorato con smalti colorati che diceva: "Giardino segreto - vietato l’ingresso agli adulti spenti e senza fantasia".

Ridendo spinsi quella piccola struttura cercando di forzare il lucchetto dorato che la teneva chiusa, ma il cancello non si aprì e parve invece diventare più grande e pesante.

Per un attimo mi fermai a pensare con cosa avrei potuto rompere il lucchetto e improvvisamente mi ricordai della zappa! 

Così, sicura del mio strumento, presi il mio attrezzo le battei con forza contro il lucchetto e contro la serratura, ma non accadde nulla. 

Dopo svariati tentativi la zappa si scheggiò e ormai sconfitta decisi di sedermi ad osservare il mio nemico di ferro battuto, quando notai che il lucchetto non era un sigillo qualsiasi, ma bensì la chiusura del mio diario segreto, un reperto antico che conservavo in qualche libreria ormai sommerso da libri adulti e sogni più attinenti alla mia realtà.

Adoravo quel diario, ci avevo scritto tante cose e fu il mio compagno di strada fino a quando non compii sedici anni e mi parve doveroso chiuderlo per sempre.

Quel libro segreto, così tenero e perfetto, aveva un solo grande difetto: il lucchetto era difettoso e mia nonna mi dovette mostrare un trucco per poterlo forzare senza rompere la piccola chiave a seguito delle mie scene di disperazione e afflizione totale.  

Allora quell’apertura mi parve come una fantastica magia, perché allora sapevo credere nei piccoli gesti, nelle coincidenze e nel buon cuore delle persone e quello spesso mi bastava per spalancare porte, portoni e limiti di ogni tipo. 

Mentre sedevo ancora incredula davanti al cancello sbarrato mi resi finalmente conto che la mia razionalità, il mio scudo invisibile contro tutto e tutti, mi aveva chiusa dentro e fuori, impedendomi di trovare soluzioni creative ai miei problemi e agli ostacoli della vita.

Senza nemmeno accorgermene con il tempo avevo perso la capacità di sognare, di credere nelle cose, nelle persone e nelle mie capacità ed era ormai chiaro che non sarebbe certo bastata una zappa per piantare e coltivare i semi dei sogni e delle passioni. 

Così, con uno sforzo sovrumano di coraggio e di confidenza, forzai il lucchetto ripensando ai gesti della nonna, alle sue mani magre e alla sua pelle translucida, ai suoi occhi socchiusi e ai suoi movimenti decisi e fiduciosi e provai a ripeterli ritrovando quel desiderio di magia e stupore che avevo gradatamente spento e dimenticato.

Senza troppo impegno fisico il cancello si aprì, e con il cuore sorridente e l'entusiasmo di una bambina entrai nel giardino segreto. 

Lì ogni cosa era ricca, fertile, luminosa e viva. 

Lasciai la zappa e iniziai a scavare con le mani, sporcandomi da testa a piedi e ridendo della mia cocciutaggine e delle mie inutili rimostranze.

In un paio di ore seminai tutti i semi che mi erano rimasti e li annaffiai con l'acqua della volontà e della determinazione. 

Da quel giorno ricominciai a coltivare le mie passioni, a dedicarci del tempo, a prendermene cura, permettendomi di sporcarmi di terra, di bagnarmi con l'acqua, di lasciarmi scaldare dal calore del sole e cullare dalla voce del vento.

Le piante non sono grandi come avrebbero potuto esserlo se avessi iniziato subito questo percorso, ma stanno crescendo e sono vive, e in fondo non mi spiace affatto crescere con loro e imparare anche a coltivare me stessa. 

lunedì 23 novembre 2020

Sognare ancora - Still dreaming (ITA-ENG)


Qualcuno ha detto che dopo i trent’anni non si dovrebbe più sognare, o meglio, che si dovrebbero mettere da parte i sogni per vivere seguendo uno schema realistico, prefissato e ben delineato.

Eppure, questo periodo storico mi ha insegnato che non esiste niente di certo, sicuro e scolpito nella pietra: tutto può cambiare da un giorno all'altro, persino le cose che si danno per scontate. Ed è appunto in giorni come questi che io sento di dover sognare ancora di più, perché nei giorni tristi, quelli in cui mi sento affogare, sono proprio i sogni che ho già realizzato e quelli che vorrei materializzare a tenermi a galla.

Un sogno non deve per forza riguardare qualcosa di grandissimo, inarrivabile e sconvolgente, può semplicemente essere la realizzazione di un desiderio personale coltivato con passione e amore; oppure un caso fortuito che fa arrivare la cosa giusta, al momento giusto.

La realizzazione di un sogno può avvenire gradualmente o esplodere in modo improvviso, si può percepire come un leggero e piacevole tepore al cuore, o come uno sciame di farfalle che rivolta lo stomaco, risvegliando sensazioni fanciullesche. 

Non ci può essere un limite a tutto questo, non ci può essere alcun motivo per cui non si debba più sognare o andare al di là di quanto tangibilmente percepibile. 

William Shakespeare, che tra l'altro è nato il mio stesso giorno, scrisse: “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W. Shakespeare, La tempesta), ed io non potrei essere più d'accordo. 

Continuerò a sognare, come prima e più di prima, perché sono sempre più convinta che siano una parte essenziale della nostra esperienza umana. 



Someone said that after the age of thirty, one should no longer dream, or rather, that dreams should be put aside to live a more realistic, predetermined, and well-defined pattern.

Yet, this historical period has taught me that there is nothing certain, sure, and set in stone: everything can change overnight, even the things that are taken for granted.

And it is precisely in days like these that I feel I have to dream even more, because in the sad days, those in which I feel drowning, it is actually the dreams that I have already realized and the ones that I would like to materialize that keep me afloat.

A dream does not have to be about something huge, unattainable, and shocking, it can simply be the fulfillment of a personal desire cultivated with passion and love; or a chance that the right thing arrives at the right time.

The realization of a dream can happen gradually or suddenly explode, it can be perceived as light and pleasant warmth in the heart, or as a swarm of butterflies that turns the stomach upsidedown, awakening childish sensations.

There can be no limit to all this, there can be no reason why we should no longer dream or go beyond what is tangibly perceptible.

William Shakespeare, who among other things was born on the same day as me, wrote: "We are such stuff 
As dreams are made on, and our little life Is rounded with a sleep." (W. Shakespeare, The Tempest), and I couldn't agree more.

I will continue to dream, as before and more than before because I am increasingly convinced that they are an essential part of our human experience.

lunedì 2 novembre 2020

Era solo un sogno



Questa notte ho fatto un sogno davvero strano, effettivamente era un po' di tempo che non mi capitava più di sognare così.

Da quando è iniziato questo periodo buio e difficile, anche i sogni sono cambiati, come intimoriti dalla pressione soffocante della realtà diurna che prende ed avvolge ogni desiderio futuro e lo lega inevitabilmente ad un destino comune per tutta l'umanità.
Eppure il sogno di stanotte è stato diverso, non particolarmente bello o positivo, ma semplicemente creativo, assurdo, enigmatico, proprio come i sogni che facevo prima.
Nel mio sogno c'erano alcune mie vecchie amiche, persone che ho perso di vista e che ormai osservo solo da lontano grazie alla testimonianza lasciata da qualche foto aggraziata postata sui social. Mi compiaccio che siano vive e che stiano bene, ovviamente, ma risulta strano vedere dettagli intimi della loro vita senza esserne davvero parte. 

Comunque, nel sogno le ragazze parlavano delle loro carriere favolose e tenevano in mano dei faldoni pieni di fogli, tenuti in ordine da tanti segnapagina colorati che parevano delle pignatte. Io le osservavo e pian piano scivolavo verso il basso, fino a quando mi sono fatta così piccola da cadere tra le pieghe del divano, in quei luoghi oscuri dove si annidano le briciole e la polvere.
Il divano è comparso all'improvviso, non mi ero nemmeno resa conto di esservi sopra (e poi dentro), ma il mio rimpicciolirmi, ecco quello lo potevo percepire bene. 
Senza che loro se ne fossero nemmeno accorte, io non c'ero più, o meglio, io c'ero, ma loro non mi potevano più vedere.
Agitandomi balzavo tra la polvere e le briciole per farmi notare, ma loro ormai stavano andando via con dei vinili in mano (evidentemente i faldoni non servivano più).

Alla fine mi sono accovacciata, ho appoggiato la testa sulle ginocchia e mi sono svegliata, felice e confusa di non aver sognato grafici e numeri. 

Tao Te Ching verso 16 - verse 16 - ITA and ENG

  "Ritornare alle radici significa trovare la pace. Trovare la pace significa onorare il proprio destino. Onorare il proprio destino è ...