Mi sono trovata a pensare a quanto ogni momento potesse essere speciale quando ho visto preparare questo caffè. Le tazzine equosolidali, il chicco di caffè ricoperto di cioccolato, il Pellini cremoso ed una moka vecchio stile. Lui mescolava lo zucchero in una tazza a parte, giusto con il caffè appena salito. La cremina soffice e zuccherosa avrebbe creato poi la schiumetta scenografica che con la moka da casa solitamente non si andrebbe a creare. Il caffè non era solo buonissimo; era bellissimo e si poteva odorare a metri di distanza. Mentre mi osservava assaggiare, potevo vedere il suo sguardo preoccupato; voleva essere sicuro che fosse tutto perfetto, che avessi abbastanza zucchero e che la schiuma fosse la più corposa. Non sono abituata ancora a qualcuno che si preoccupi tanto per me, non sono ancora abituata all'idea che chi ci sta vicino possa rinunciare alla schiumetta, all'ultimo angolino della sua fetta di pizza, a parte del suo tempo e del suo stipendio per una persona, che in fondo, non sa ancora cosa possa dare. La famiglia dalla quale provengo non è così. Nessuno chiedeva chi volesse l'ultimo pezzo di torta, nessuno preparava la cena in base alle intolleranze, nessuno regalava complimenti, abbracci o sorrisi. Mercoledì era il mio compleanno ed i miei più prossimi parenti, detti genitori, hanno avuto solo l'accortezza di inviarmi un freddo messaggio e niente più. In fondo, è stato ingiusto da parte mia crearmi delle aspettative nei confronti di chi, da una vita, le ha sempre tradite. Tanti colloqui or sono, penso di essermi sempre in fondo sentita inadeguata e non ben accetta. Senza l'aiuto di un terapista, posso capire da me, il motivo di tanta sfiducia in me stessa. Piano piano ricostruirò le mie certezze e la fiducia verso gli altri e me stessa e ricomincerò dalle piccole cose. Ricomincio da questo caffè.
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